Vorrei parlarti di un ambito del fundraising che a me sta particolarmente a cuore.
Il Digital Fundraising.
Prima, un ripasso: per digital fundraising si intendono tutte quelle attività che hanno a che fare con la raccolta fondi digitale (e-mail marketing, social media, advertising, ecc.) e che, oggi, tutte le organizzazioni, dalle più piccole alle più grandi, utilizzano per le loro campagne. Un’attività che molti enti del terzo settore hanno scoperto o riscoperto con la pandemia del 2020.
Fatta questa premessa, è sempre utile ribadire il fatto che il fundraising è molto, ma molto indietro sotto l’aspetto del digitale (non solo in Italia).
Generalizzazioni? No, non direi proprio. Ad eccezione delle grandi organizzazioni sono davvero poche le piccole realtà che si distinguono per un utilizzo illuminato e sapiente degli strumenti messi a disposizione della tecnologia. E non serve un genio per accorgersene. Prova ad iscriverti ad un po’ di newsletter di enti nonprofit. Vedrai.
A tal proposito, vorrei condividere con te un report britannico chiamato “Charity Digital Skills”. Il report, redatto a cadenza annuale, mostra in che misura le competenze digitali rimangono una lacuna per le organizzazioni di beneficenza nel Regno Unito.
Ecco alcune considerazioni (sotto ti lascio anche il link al report completo):
- Il digital rimane una priorità in crescita per le organizzazioni di beneficenza, con il 52% che afferma che è più prioritario quest’anno rispetto al 46% dell’anno scorso.
- Le principali priorità digital sono il sito web, la presenza online e i social media, la raccolta fondi online e l’utilizzo dei dati.
- Il divario di competenze digitali persiste, con solo 1 su 5 che si considera eccellente nei social media, mentre circa il 50% si considera discreta nella creazione di contenuti digitali e nell’e-mail marketing.
- L’adozione dell’IA è ancora agli inizi, con solo il 27% che la utilizza operativamente. Ma la maggior parte riconosce che l’IA è rilevante e potrebbe trasformare il modo di lavorare.
- Le organizzazioni di beneficenza più grandi hanno maggiori probabilità di utilizzare e pianificare l’uso dell’IA rispetto alle più piccole (abbastanza ovvio, mi vien da pensare).
In sintesi, le charity d’oltremanica riconoscono l’importanza del digitale ma devono ancora colmare significative lacune di competenze per sfruttarne appieno il potenziale degli strumenti di fundraising digitale. L’IA rimane una frontiera per la maggior parte.
Non esistono report che riguardano lo stivale e le sue organizzazioni. Ma sono quasi sicuro che i dati italiani siano di gran lunga peggiori di quelli del Regno Unito. Ti lascio il link al report in PDF di Charity Digital Skill.
C’è ancora tanta strada da fare. Gestire la raccolta fondi alla vecchia maniera può ancora funzionare per certe nonprofit, ma per altre non più. Non stare al passo con l’innovazione, oggi, nella nostra epoca, significa per forza di cose scomparire. E quando a scomparire è un’organizzazione che lavora per fare del bene a qualcuno o qualcosa, non è mai bello.